giovedì 30 aprile 2020

LETTERA DEL COVID19 AGLI ESSERI UMANI


"Ho invaso il vostro pianeta per vedere come avreste reagito alla prova.
Ho svuotato le vostre città.
Vi ho costretti a stare relegati in casa. Isolati.
Vi ho messi gli uni contro gli altri, costringendovi a guardarvi come dei cavalli di Troia che all'interno portano il nemico.
Ho assassinato un’intera generazione: quella dei più vecchi, degli inermi. Spesso dei più soli.
Ho privato i nonni dei nipoti;
i nipoti dei nonni;
i figli dei genitori;
i genitori dei figli.
Vi ho messo spalle al muro col dolore. Sordo, angosciante, fino a togliervi il fiato.
Ho ucciso i vostri medici e il vostro personale sanitario, “colpevole” solo di fare il proprio dovere in prima linea largamente sottopagati.
Vi ho costretti a privarvi di ogni forma di addio. Vi ho obbligati a piangere i morti a distanza senza averli potuti salutare prima della loro dipartita.
A vederli portati via definitivamente, trasportati su camion dell’esercito senza avere un corpo su cui piangere.
Mi sono preso padri di famiglia, giovani in piena salute, forze dell’ordine.
Ho livellato le classi sociali: vi ho dimostrato che la morte e la sofferenza non risparmiano nessuno.
Vi ho messi a nudo dinanzi alle vostre paure e ai vostri limiti.
Alle vostre angosce.
Vi ho privati della fiducia nel futuro.
Vi ho gettati nell'incertezza.
Avete dovuto finalmente fare i conti con l’essenziale.
Come in una guerra avete attinto a ciò che conta veramente per sopravvivere. Avete riscoperto gli affetti veri e più cari con cui avete sentito di condividere l’esperienza mistica del dolore e dello sgomento.
Avete scoperto che il concetto di lontananza è relativo.
Che le persone che ami le porti dentro al tuo cuore, lì dove neanche io, nessun virus potrà mai arrivare.
“Abbi cura di te”
“Fammi sapere come stai”
“Ti sono vicino”
“Mi manchi”
“Appena posso non vedo l’ora di abbracciarti”
“Grazie di esserci”
sono diventate le nuove parole con cui esprimete l’Amore.
Dite la verità, avere a che fare con me è stata la scusa di fare ordine, di capire cosa è importante e cosa no, di rendervi conto di chi sono gli #AffettiStabili, quelli veri però, non per decreto governativo, quelli per cui non siete solo un riempitivo, quelli per cui la vita è un lungo abbraccio.
Vi ho costretti a rivoluzionare la vostra comunicazione.
A desiderare di gioire della possibilità essenziale di respirare l'aria per strada senza il filtro di una mascherina.
A cercare la primavera in ogni angolo della vostra quarantena, come segno di speranza.
Ho svuotato le vostre strade dal rumore, e la notte di Pasqua le campane hanno risuonato nel silenzio surreale come un auspicio di rinascita per l'Umanità.
Avete scoperto di poter sopravvivere anche senza ciò che prima ritenevate indispensabile.
E mentre voi facevate questo lungo training, la natura si è rimpossessata delle città.
L’inquinamento si è abbassato.
Il Pianeta Terra vi ha dimostrato che esiste anche senza di voi.
Alcuni di voi non hanno imparato una cippa: continuano a insozzare la Terra e non perdono occasione di fare gli infami.
E si sono inventati ogni sorta di complotto, per non ammettere la cosa più semplice e ammettere le proprie responsabilità: che io non sono stato creato in alcun laboratorio e non sono venuto per privarvi di alcuno stato di diritto. Sono arrivato per restituire la Terra a se stessa.

D’altro canto io ho detto che sono venuto per mettervi alla prova, mica per fare un miracolo: per quello dovete rivolgervi a Dio.
Fate i bravi adesso: mica ho detto che è finita.
Continuerò a prendermi molti di voi, e la vostra boria non mi fa proprio alcun effetto, io non ho confini, e non guardo in faccia nessuno.
E se non avete capito nemmeno stavolta che di vita ne avete una, e che non siete i padroni del pianeta, beh, amici miei, avete perso la più importante delle sfide della vostra esistenza: quella di capire che siamo qui tutti solo di passaggio.
Pure io.
P.S: prima che me lo portassi via, uno dei vostri umani mi ha dato un messaggio per voi, ve lo riferisco:
"Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice,
uno di questi si chiama acqua,
un altro si chiama vento,
un altro ancora si chiama sole e arriva sempre dopo la pioggia."*
Beh, ci si vede in giro.
Mi raccomando, lavatevi sempre le mani.
Ma soprattutto la pulizia fatela nel cuore!.
Affezionatamente vostro, Covid19"
30 aprile 2020
Donna Jacinta
*Luis Sepúlveda, “Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare”.



mercoledì 22 aprile 2020

Dicono che quando fu creato il mondo... #EarthDay2020




Dicono che quando fu creato il mondo 
fu posto nell'infinitamente piccolo 
l’infinitamente grande.‬
‪Per preservare intatta tutta la poesia della vita.‬
‪Così ci fu donata la magia ma non ce ne accorgemmo.‬
‪Finché,nel buio, 
riapparve la primavera.‬


#COVID19 ‬
#EarthDay ‬

La foto è mia, ed è emozionante fotografare la vita!

#LeStorieDiDonnaJacinta
#LeFiabeDiDonnaJacinta


domenica 19 aprile 2020

Mamma, non piangere



Mamma, non piangere, perché da quassù mi perdo nella luce del cielo e guardo volare gli aquiloni.
Ti osservo, mentre diventi triste all'improvviso e fingi di avere il raffreddore.
E a volte senti una carezza improvvisa come un raggio di sole.
Mamma, non piangere quando guardi il cielo:
lassù tra le nuvole, Iddio ha piantato come semi nell'ovatta le parole d’amore di voi mamme, sussurrate nel vento.
E quando piove, con un soffio li fa planare come piume sulla Terra, affinché la rendano fertile e sia migliore.
Ma, a volte capita che lungo la discesa, uno di questi semi incontri un raggio di sole ed esploda in un arcobaleno.
Mamma, non piangere.
Perché l’amore che tu mi hai dato mentre ero nel tuo grembo, ha creato tutti i colori del mondo e ne ha mostrato le meraviglie.
30 ottobre 2019
Dedicata.
Valeria Ronsivalle
Donna Jacinta

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lunedì 13 aprile 2020

La quiete


In fondo l'aveva sempre saputo, di essere un'adolescente mai cresciuta. Lei che si emozionava ancora davanti a dei vecchi telefilm. Lei che appena poteva, si infagottava in pigiamoni con conigli e pecorelle, e comprava borse con nanetti e bamboline.
E quel senso di straniamento e lieve malinconia, che non l'abbandonava mai e nascondeva solo lo sgomento per un mondo che non aveva mai capito. Ma profondamente amato.
Silvia la scontrosa. Che era in perenne lite, più con gli altri con se stessa, nel tentativo inutile di uniformarsi agli altri e non sentirsi così pesante.
Silvia la timida, che pareva mangiarsi il mondo, e invece l'unica cosa che avrebbe voluto fare, era rifugiarsi sotto una coperta per sentirsi protetta. Perché, se la vita è cinica, lei non se ne sarebbe fatta mai una ragione.
Silvia che si prendeva cura dei passerotti caduti dal nido.
Silvia, che la volta in cui un topolino di campagna era rimasto incollato alla trappola, l'aveva accarezzato piangendo, mentre lui moriva, e aveva giurato che mai più ne avrebbe ammazzato uno.
Silvia l'empatica, incapace di starsene a guardare se incontrava un indifeso che soffre.
Silvia la rivoluzionaria, che da piccola pensava di poter cambiare il mondo con la solidarietà, e crescendo aveva capito che al mondo non gliene poteva fregar di meno di essere salvato.

Tirò via la coperta e si decise ad alzarsi: l'aveva sognato ancora.
Accadeva sempre nei sogni di mattina, quando timori e speranze si palesavano al cuore, e tentar di ricacciarli indietro era impresa vana: Marco che la rimbrottava.
Marco che da piccolo era l'unico a fermarsi e tornare indietro se mentre correvano, lei, perenne imbranata, cadeva e si faceva male.
Marco l'amico perfetto, così perfetto che a volte lei si chiedeva se se lo fosse inventato. Marco che la lasciava libera d'esser se stessa, e quando la vedeva perdersi nei meandri dei suoi pensieri, silenzioso le tirava il filo d'Arianna per ritrovarsi: un arcobaleno, un cartello divertente, una foto buffa.
E senza rendersene conto lei ritornava alla vita, ridendo. Marco che a volte non trovava neanche se stesso. E allora la teneva lontana, per paura di ferirla, lui che era così abituato a ferire se stesso.
Quella mattina l'aveva sognato ancora, mentre lei lo incoraggiava a seguir le sue passioni, e lui la rimproverava, come se quel che lei gli diceva fosse superfluo, inutile, e la teneva distante. Quella distanza che ti crea una voragine nel cuore e ti fa sentire vuota, come se qualcuno t'avesse rubato qualcosa d'essenziale.
E chi dice che l'amicizia tra uomo e donna non esiste, non ha capito nulla, che a volte essa arriva dove l'amore non può arrivare.
E alla fine se n'era andato, senza salutarla. Lui che vedeva dove altri non potevano, lui che sapeva leggerle dentro perché anche in lui parlava il cuore, ma che di lei non aveva la stessa forza.
Era partito, e lei l'aveva saputo per caso il giorno dopo, e la loro amicizia era rimasta come un quadro non completato.
Maledette canzoni! Era bastata una nota, la sera prima, e un fiume di ricordi si era insinuato tra le sue emozioni e nei suoi sogni di mattina Marco era riapparso, e lei era tornata bambina.
Si toccò la gola, le sembrò che per un attimo qualcuno le avesse prosciugato la saliva.
Fu tutto il giorno prigioniera di quel sogno, come una vestale rapita e portata altrove.
Poi si vestì, e andò al mare. Il cielo imbruniva, tingendosi di rosa e blu cobalto.
Il colore degli occhi di Marco. Il colore della quiete.
Sulla sabbia una scritta la fece sorridere : “Tutto passa. Pure noi.”
Silvia si rannicchiò nelle spalle, respirò a fondo l'aria salmastra e si lasciò andare... 12 febbraio 2017 Donna Jacinta

Le Storie Di Donna Jacinta


Vi siete mai trovati a osservare il mondo come se foste dentro un film e voi la voce narrante? A me accade di continuo. La mia fervida fantasia mi accompagna sin da bambina. E i personaggi delle mie fiabe e dei miei racconti non mi lasciano mai soli, mostrandomi scorci a volte inesplorati.
Scrivere è da sempre per me il modo di esprimere, ma soprattutto metabolizzare, sublimare, emozioni, sensazioni, esperienze. Di mettere a fuoco particolari nascosti; 
di far prendere forma a pensieri ingarbugliati.
Di imparare che la vita è fatta di punti di vista, necessariamente soggettivi, che corrispondono alle prospettive di chi osserva.

E se è vero che il linguaggio concorre allo sviluppo del pensiero, non concordo sul fatto che scrivere sia necessariamente un dono.

A imparare a scrivere si può. A patto di accettare di lasciarsi andare, perché la scrittura mette a nudo la parte più intima di chi lo fa e proprio per questo a volte può essere un'esperienza assai catartica.

Sarà per questo che scrivo da 35 anni ogni volta che posso: scrivere mi ha insegnato a non arrendermi alle avversità della vita; a continuare a sperare.

Perché ogni volta che raccontiamo una storia, sottraiamo un frammento di umanità all'oblio.

Allora, pronti a venire con me?
Iniziamo il nostro viaggio...
Donna Jacinta 

IL CANTO DELLA SIRENA

Dicono che quando venne al mondo la terra tremò tutta e dal vulcano un fiume di fuoco squarciò la montagna e arrivò giù, fino alla valle, ap...