lunedì 6 giugno 2022

IL CANTO DELLA SIRENA

Dicono che quando venne al mondo la terra tremò tutta e dal vulcano un fiume di fuoco squarciò la montagna e arrivò giù, fino alla valle, aprendosi un varco tra la vegetazione aspra e indomita come la gente che da secoli popolava quei luoghi.

Cosí, quel giorno, tra i guizzi della lava incandescente, fu vista nuotare una sirena dalla chioma splendente come il sole e dalla coda multicolore come la fiamma di una candela.

La videro disegnare arabeschi tra i flutti, risalendo il fiume di fuoco fino alla cima del vulcano.

E guardare verso il mare, come a cercare qualcosa.

Poi, una ciocca di capelli le si spostò, fino a mostrare un occhio solo.

Fu allora che la sirena pianse, e le lacrime trasportate dal vento, si posarono sulle pale di fichi d'india che crescevano selvaggi alle pendici del vulcano, e divennero splendidi frutti, dolcissimi ma protetti da una scorza di spine,che a toccarle bruciavano come lame incandescenti.

Un abitante dell'isola, temerario e curioso, s'arrampicò sulla guglia più alta del Castello, e urlò alla sirena: 

“Perché piangi, giovinetta?

Chi fu a causarti tanto dolore?”

La fanciulla si tuffò nel fiume di fuoco, e riemerse cingendo a sè un antico guerriero.

La sua armatura brillava come l'aurora, e in mano fendeva una spada che assorbiva la luce, nera più del nero.

Poi, con un canto antico, che parea una nenia che veniva da un mondo lontano, svelò il mistero:

“Io sono l'anima dell'isola tripunte.

Piango per il destino dei miei figli, sparsi per il mondo per un destino infame.

Come frutti dei fichidindia, i miei tesori sono dolci e succosi, ma per goderne bisogna prima eliminare le spine.

I miei figli sono guerrieri, condannati a lottare tutta la vita per difender l'isola.”

“Chi ti accecò?- incalzò l'uomo- nascesti con solo un occhio o te lo portarono via?”

“Fui resa orba durante una battaglia. I miei figli erano tanto pieni di rabbia, tanto disperati.

Che non si accorsero che a un certo punto lottavano tra loro, che facean scempio di ciò che li aveva generati.

Per questo piango.

Che non esiste sconfitta più grande, che quella contro se stessi.”

“Dimmi il tuo nome!” - urlò allora il nativo, prima ch'ella scomparisse per sempre tra i flutti.

“Mi chiamo Àgape.

Che nella tua lingua vuol dire "Amore".”

E poi sparí.

4 giugno 2022,

Valeria Ronsivalle 


Fiaba ispirata al quadro di Valeria Garraffo, “I colori della mia terra"

 

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IL CANTO DELLA SIRENA

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